Scuola: il concorso e la propaganda di regime

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di Vito Meloni 

C’è qualcosa di truffaldino nel modo in cui la stampa schierata a fare il tifo per il professor Monti “informa” sui provvedimenti del governo. Pochi giorni fa La Repubblica, che non vuole rinunciare al proprio ruolo di capofila dello schieramento, commentava le decisioni scaturite dall’ultimo Consiglio dei Ministri in tema di politica scolastica parlando di “svolta storica” e annunciando l’assunzione di ben 34.000 docenti. A scatenare l’entusiasmo dei giornalisti militanti di Repubblica l’annuncio che il 24 settembre verrà indetto un concorso ordinario, per titoli ed esami, per l’assunzione di 11.892 docenti per l’anno scolastico 2013/2014. Piccolo problema: se i posti messi a concorso sono quelli comunicati, come si fa a calcolarne quasi il triplo? L’inganno è presto svelato. Pur di accreditare la tesi di un impegno straordinario sulla scuola da parte del governo – addirittura in uno degli articoli si parla di “scuola al centro della crescita per far ripartire il paese” – si arriva a sommare le assunzioni di questo anno scolastico con quelle previste per il prossimo. E per sovrappeso ci si aggiungono anche i quasi 1.300 posti del concorso a dirigente scolastico da poco concluso! Un bel pout-pourri messo insieme ad arte per confezionare una notizia degna delle peggiori tradizioni della propaganda di regime. Chiunque segua con un minimo di attenzione le vicende della scuola sa che la situazione è ben diversa. L’azione del governo Monti sulla scuola non ha cambiato di una virgola le politiche del governo precedente. Anzi, per un verso ha assecondato il loro dispiegamento, facendo sì che si consolidasse lo sfascio delle controriforme e dei tagli della Gelmini. Per altro verso, ha introdotto nuovi tagli, non arretrando nemmeno di fronte alla dignità delle persone, come nel caso dei docenti inidonei per motivi di salute, pur di raggiungere qualche modesto risparmio. Il tutto senza mai rinunciare a promettere,  e perfino provare a dare, ulteriori finanziamenti alle scuole private, vera priorità di questo come dei precedenti governi. Altro che scuola al centro della crescita! Ma torniamo al concorso e alle assunzioni. Malgrado i posti tagliati dalla Gelmini, nonostante il rallentamento del turn-over dovuto all’innalzamento dell’età  pensionabile – da ultimo quello della riforma Fornero – ogni anno nella scuola è necessario assumere un certo numero di docenti a tempo indeterminato. Lo scorso anno scolastico la Gelmini fu costretta ad assumerne circa 31.000, imponendo però, grazie alla complicità dei sindacati di settore (Flc esclusa), il via libera al raffreddamento della dinamica salariale per i neo assunti. Per l’anno scolastico che inizierà tra qualche giorno è in corso l’assunzione di altri 21.000 docenti. Sono numeri importanti, ma quello che l’informazione mainstream non dice è che rappresentano solo la parte minore dei docenti di cui la scuola ha bisogno per funzionare. Dal 1° settembre infatti, concluse le immissioni in ruolo, gli uffici scolastici procederanno all’assunzione di decine di migliaia di docenti con contratto annuale, un vero esercito di precari, molti dei quali inserite nelle graduatorie ad esaurimento, che si sono ormai guadagnati l’appellativo di “precari storici”.  La vera causa del precariato scolastico non va dunque ricercata nell’eccessivo affollamento delle graduatorie, esso è solo l’effetto di molti anni di assunzioni centellinate con il contagocce – la Moratti le bloccò addirittura per un anno – che hanno artificiosamente inceppato il ricambio fisiologico degli insegnanti e il normale avvicendamento nelle graduatorie medesime.  È in questo contesto che cade il concorso uscito dal cilindro del ministro Profumo. Su di esso molto è stato scritto e molte critiche sono state avanzate, dalla falsità che sarebbe una opportunità per i giovani al suo costo eccessivo, alla probabile inaffidabilità dei test di accesso dopo le figuracce collezionate dal ministero su questo tema (l’unica ad aderire entusiasticamente è stata, guarda il caso, l’ex ministro Gelmini). Mi interessa qui soffermarmi su due aspetti. Il primo: il concorso ordinario viene presentato come uno strumento oggettivo per la selezione degli insegnanti più capaci, lasciando intendere che l’assunzione dalle graduatorie sarebbe una sorta di indistinta “ope legis” . Se si guarda alle esperienze passate, le obiezioni alla presunta validità meritocratica del concorso potrebbero riempire intere pagine. Ma la cosa che mi sembra più importante evidenziare è che le graduatorie ad esaurimento non sono riempite da docenti per caso, per accedervi i precari hanno dovuto seguire un percorso duro e superare molti ostacoli. Molti di loro si sono abilitati frequentando le SSISS, le Scuole di specializzazione per l’insegnamento, con test di accesso, due anni di corso universitario post-laurea ed esame finale. Gli altri si sono abilitati con i vecchi concorsi o con procedure speciali riservate a chi già insegnava. Esami a iosa, come si può vedere. Quasi tutti hanno diversi anni di insegnamento sulle spalle, tra loro circola la battuta che il più giovane ha i capelli bianchi. E vengo al secondo punto. Il ministro Profumo ha sempre presentato il concorso come una opportunità per i giovani insegnanti. Peccato che egli stesso abbia precisato che il concorso che intende bandire è riservato a chi è già abilitato, gli stessi cioè che sono già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento o dei vecchi concorsi. In buona sostanza si darebbe vita ad una competizione tra chi è già in corsa per un incarico. La classica guerra tra poveri, gli unici esclusi sarebbero proprio i giovani. Sarebbe questa la via per dare risposte ai precari e ai problemi della scuola, ministro Profumo? Invece di affrontare e risolvere i veri problemi della scuola si parte dalla coda, confezionando soluzioni pasticciate, utili solo a tentare di guadagnare, con l’aiuto di organi di stampa acquiescenti, qualche facile consenso. Ripristinare i modelli didattici migliori, il tempo pieno nella scuola elementare e il tempo prolungato nella scuola media, il primo stravolto e il secondo reso residuale dalle controriforme; ridurre l’affollamento delle classi che ha raggiunto livelli intollerabili; ridare alla scuola le risorse che le consentano di adempiere il suo mandato educativo; riportare le scuole a dimensioni che ne consentano la gestione ordinata dopo la follia dell’ultimo dimensionamento scolastico. Di questo e di molto altro ancora ci sarebbe bisogno, non di provvedimenti propagandistici privi di efficacia e incubatori di nuove tensioni. Che i veri problemi della scuola non siano nelle corde del ministro Profumo e dell’intero governo dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, compresi quelli che il governo lo sostengono. Spetta a chi ha a cuore il destino della scuola pubblica e la salvaguardia della sua qualità porre il tema di una svolta radicale, nel settore e nell’intera società, alimentando le mobilitazioni che si preannunciano per l’autunno a partire dalle prossime settimane. Le premesse ci sono, diamo gambe alle lotte.

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