Crisi e bilanci di previsione 2012: “per giornali e poteri forti nessuna emergenza”

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Sabato 3 Dicembre 2011

Nonostante il colpevole silenzio di stampa e regime, sono ormai saltati i programmi di mandato delle amministrazioni elette a causa della crisi straordinaria in cui versano l’economia e con essa gli Enti Locali. I prossimi bilanci di previsione da approvare entro l’anno non potranno rispondere più ai criteri ordinari per l’assegnazione dei PEG ma dovranno tenere conto della situazione di emergenza in cui ci troviamo. Proponiamo l’stituzione immediata di comitati di emergenza in tutti i luoghi di rappresentanza pubblica e cioè nel Consiglio provinciale e nei consigli comunali. Tutte le forze politiche, i sindacati e le rappresentanze economiche e sociali dovranno partecipare alla costruzione dei prossimi bilanci; occorre aprire le scelte di bilancio, possibili, alle priorità ed ai bisogni urgenti delle nostre comunità, non sarà più possibile amministrare con le vecchie logiche e con gli strumenti ordinari.
La crisi delle banche e della finanza ha determinato un quadro politico e sociale molto pericoloso. I poteri forti non riescono più a fidarsi della classe dirigente del paese e ricorrono direttamente ai manager ed ai professori. Tutto questo perché l’Europa deve allineare la grande forza del sistema pubblico italiano alla competitività dei mercati. Si può far finta di niente ed ignorare le nostre proposte ma non si potrà fermare la macelleria sociale che scatterà nel 2012 in tutto il nostro paese.
Siamo in una situazione paradossale dove, l’Europa dei banchieri sta mettendo le ipoteche sul futuro dei servizi pubblici e per fare questo metterà a rischio le garanzie del lavoro e la stessa dignità del popolo italiano.
In sostanza si stanno per aprire scenari anticostituzionali pericolosi per la democrazia e per la tenuta sociale, è dovere di chi è stato eletto, indipendentemente dalla collocazione politica ed istituzionale, dare il proprio contributo e mettersi a disposizione per affrontare la situazione con serietà, trasparenza e forte senso di responsabilità.
Il quadro che si stà delineando nella provincia di Siena è per niente rassicurante, sono in atto grosse crisi che hanno prodotto licenziamenti, cassa integrazione, contratti di solidarietà e strette sulla dinamicità del tessuto produttivo.
Alla crisi strutturale del termalismo, che ha significato la perdita di 2000 posti di lavoro solo nella zona sud della provincia, si sono aggiunte grosse vertenze anche in settori storicamente traino della nostra economia, come quelli della camperistica e del manifatturiero.
In questi giorni si sono fatte sempre più pressanti le minacce di licenziamenti e di chiusura di stabilimenti importanti come l’RDB, l’Amtec, la Imer, la Whirlpool etc… A queste tragiche prospettive si sommano la crisi ed i buchi dell’Università, il mancato pagamento dei fornituri da parte delle aziende sanitarie; solo l’ASL senese ha un deficit ormai largamente superiore ai 30 milioni di euro.
Molte ditte e piccoli artigiani rischiano il fallimento per la mancata riscossione di fatture bloccate negli Enti Pubblici a causa del Patto di Stabilità.
La Banca MPS che storicamente ha rappresentato per questa provincia un salvadanaio importante, da una parte si è proiettata sui mercati con scellerate scelte ed acquisizioni di fallimenti altrui e dall’altra è sfuggita al controllo della comunità che attraverso la Fondazione avrebbe dovuto essere vigile ed attenta alle politiche espositive del Gruppo. Questo, aggiunto alla forte speculazione finanziaria in atto, determinerà un futuro senza quegli utili che storicamente hanno finanziato progetti pubblici e privati che hanno interessato la cultura, il turismo, il sociale, l’innovazione, la ricerca, le manutenzione e lo sviluppo. Inoltre le difficoltà degli strumenti di garanzia mettono a serio rischio le aziende pubbliche e private partecipate direttamente da quote azionarie della Banca MPS e distribuite in tutta la provincia e non solo.
Ed in ultimo l’incerto destino dell’assetto istituzionale, alimentato non solo dai tagli del governo, ma anche dall’accentramento regionale, ha determinato un clima di incertezza pericoloso soprattutto per i lavoratori e per le classi più deboli.
Non possiamo più rimanere a guardare!

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